Sono nata in campagna, in mezzo al verde e lontano dal caos e dallo smog della città. I miei giochi d'infanzia si svolgevano intorno a due grandissimi alberi che chiamavo nonni; un noce ed un olmo. Mi arrampicavo tra i loro rami, costruivo altalene, mangiavo le noci , mi sdraiavo sul soffice manto erboso all'ombra del loro fogliame e ne aspiravo il profumo. Ero felice come non lo sono mai stata in una camera piena di giocattoli. Crescendo non ho mai smesso di ammirare il prodigio che ogni albero compie nelle varie stagioni e la consapevolezza dei benefici che regalano alla nostra salute mi porta a desiderare di circondarmene. Vorrei che il genere umano imparasse ad amarli come li amo io e che desiderasse la loro proliferazione piuttosto che il disboscamento.
Il verde urbano viene sempre più sacrificato perché fagocitato da edilizia e cemento, ma questo, se da un lato ci regala comodità e modernità, dall'altro ci toglie ossigeno e linfa vitale. Dobbiamo dire basta alla cementificazione selvaggia e chiedere che ci venga risparmiato un fazzoletto sempre più grande di parco, di verde e di vita. Sono parole scontate le mie, dette e ridette, ma la sordità umana ha bisogno che sempre più individui lo gridino a squarciagola; un grido unanime, potente, un coro assordante che rivendica un diritto, e che chiede:
" non toccate il mio amico albero".
Il verde urbano viene sempre più sacrificato perché fagocitato da edilizia e cemento, ma questo, se da un lato ci regala comodità e modernità, dall'altro ci toglie ossigeno e linfa vitale. Dobbiamo dire basta alla cementificazione selvaggia e chiedere che ci venga risparmiato un fazzoletto sempre più grande di parco, di verde e di vita. Sono parole scontate le mie, dette e ridette, ma la sordità umana ha bisogno che sempre più individui lo gridino a squarciagola; un grido unanime, potente, un coro assordante che rivendica un diritto, e che chiede:
" non toccate il mio amico albero".